venerdì 24 giugno 2011

Un post serio, e per pochi.

Questo post, certo poco “politically correct”, è sulla filosofia dei giochi, sconsigliato per cui a agini e persone interessate solo a fare polemica.

Iniziamo da una premessa
Spesso le persone che parlano di giochi (e ancor più di Go) staccano il cervello e danno aria ai polmoni. Quasi che tutti sappiano, o pensino di sapere, come risolvere i vari problemi che affliggono questo mondo. O che si nasca “ludologhi” ed esperti di giochi ed associazionazionismo ludico.
Peccato che in rare occasioni si studino i dati o si consultino dei “case histories” (n.d.r. per i non latinisti degli esempi).

Un esempio lo abbiamo in questo periodo con il tormentone della diffusione. Siamo stati ammorbati con il "progetto editoriale" della Federazione e con la mancanza di giochi a poco prezzo. Ma qualcuno si è preso la briga di capire se tale cosa serva davvero? Ma ancora di più cosa è che vogliamo dal Go, e in generale da un gioco astratto a somma zero?


Difatti i problemi sono vari ed interconnessi:


1- Conoscere un gioco a livello di esistenza, conoscerne le sue regole, giocarlo e in fine praticarlo in modo assiduo/agonistico. Sono quattro/cinque cose separate e distinte. E non è detto che vi sia una connessione "forte" tra i vari step. Senz'altro c'e ne è una "debole", ovvero aumentando i giocatori occasionali, per statistica, si aumentano quelli che lo giocano assiduamente. Ma non è detto che la correlazione sia lineare.. Inoltre non è detto che la relazione sia costante nel tempo, nel senso che senza costanti e continui "refresh" la memoria tende a svanire. A titolo di esempio chi si ricorda più di Hikaru no Go in Giappone? Dove sono finite le orde di ragazzini, forse a giocare a Shogi (visto il fumetto attualmente in corso di pubblicazione)?


 2- All'interno dei giocatori assidui esistono poi diversi "cluster" che sono ben distinti:
          - gli agonisti, o comunque quelli che tentano di migliorare
          - quelli che giocano per il piacere di praticare il Go
          - quelli che giocano perchè gli piace la compagnia (del tipo che il Club inizia a giocare a Magic e loro cambiano gioco!)
          - le fidanzate/fidanzati, che lo fanno per motivi “pietistici”


3- Senza materiali e libri non si inizia a giocare. Questa affermazione, sottende una visione vecchia e miope. Vecchia poichè esiste internet, gli smartphones, i computers, le console ecc. Miope poichè la MAGGIORANZA di coloro che giocano non ha iniziato sui libri ma per "contagio" attraverso un rapporto di circolo/amicizie. E' inoltre risibile fare libri quando potremmo fare lezioni su YouTube visibili a chiunque (come dimostrato da Paolo) oppure usare bot interattivi, o altro. Quando ci sono decine di siti, teaching ladders e altre cose 24hr su 24.


A questo punto, esposte le principali cose chiediamoci cosa vogliamo? Ovvio che vorremmo tutto, ma vediamo cosa succede nei giochi in generale.
Prendiamo, ad esempio gli altri giochi: gli Scacchi. TUTTI sanno cosa sono, di materiali e libri non ci sono problemi a reperirli, eppure in Italia non sono neppure 20.000 iscritti alla federazione. E la situazione della Dama (simile nel grado di conoscenza) è ancora peggio. Tradotto in statistica circa un agonista ogni 4.000 abitanti. Ma il dato è “falsato” dai giovani. Poiché Scacchi e Dama sono insegnati in varie scuole, e chi insegna si ricava anche un piccolo guadagno. Se togliamo questi i numeri si sgonfiano, e di non poco. Per cui chi pensa che un libro possa lasciare un segno, o ci fa o ci è. Inoltre esiste il concetto di “nicchia ecologica”, è innegabile che in occidente Scacchi e Dama siano un richiamo per chi ama i giochi astratti,


Bisogna poi “capire” un po il mondo dei giochi, tutto è gioco ma con cio? Anche una pera e il patè sono cibi, ma ben diversi. Esistono giochi astratti, party games, multi players ecc. qui non stiamo parlando di giochi massa (per inciso Farmville o altri) ma di giochi dove non vi è alea (fortuna) e con tempi di apprendimento lunghi. Cosa che li rende de facto di nicchia (quanti studiano la meccanica quantistica per diletto vs. quanti parlano di calcio al Bar). Negli anni scorsi la pubblicazione di Hikaru no Go in italiano (migliaia di copie) ha portato ben pochi giocatori, questo perchè una cosa è leggere di un gioco meraviglioso in cui il protagonista diventa campione in pochi mesi. E cosa ben diversa è capire i Seki, contare le partite e memorizzare i Joseki. In questo gli Scacchi ci sono “cugini”. Film e telefilm dedicati agli scacchi hanno fatto molto per elevarne lo “status” ma poco per la diffusione della pratica. Ho visto io stesso persone “normali” che erano convinte di diventare maestri dopo dieci lezioni di scacchi scoprire, con loro estrema sorpresa, di essere delle scarpe! E per tornare (e fare un po di polemica) quanti goisti ha prodotto Tron? Mi azzardo a dire meno di dieci?


Detto ciò, ovvero chiarito che noi non vendiamo un prodotto “gioco semplice” ma un prodotto “gioco complesso”. Ovvero una cosa che è di nicchia e che non sarà mai di massa. E se qualcuno parla di oriente si vada a vedere se in Cina si gioca di più a Wei Qi (Go) o a Xian Qi (Scacchi) oppure se in Giappone giocano di più a Go o a World of Warcraft!


Veniamo ora al punto cruciale, all'elefante nella stanza, ovvero i giocatori. Spesso chi parla usa giocatore come sinonimo di agonista. Sottintendendo due assiomi:
    • Chi studia avanza, anche dopo vario tempo.
    • C'è bisogno di giocatori forti


Io invece sono convinto che ambedue queste affermazioni siano false.. Vediamole in dettaglio:


Studiare=avanzare, prima cosa fallace, certamente aiuta, ma vero è che se uno inizia a giocare seriamente dopo i venti anni non ha un briciolo di chances di approdare ai massimi livelli. E che la legge del “quattro e quattr'otto” vale per oltre l'80% dei giocatori*. Con questo organizzare “stages” per il migliramento agonistico non serve a una “cippa”, mentre farlo per bere in compagnia e broccolare è molto gradito. Prima di fare commenti vedete il miglioramento dei GoR della compagine europea che è andata TRE MESI in ritiro semi-militare in Corea, tre mesi in cui con ogni mezzo (al limite delle punizioni corporali) hanno fatto e studiato solo Baduk (Go), e fatevi delle risate. Ripresi dal ridere ripensate a cosa poco servano stages, partite e libri.


Giocatori forti. Altro cavallo da battaglia delle “sirene”. Secondo me servirebbero più giocatori simpatici, più grigliate, più patate (alla R. Siffredi) nei Go Club ecc. A che serve un giocatore forte? Tra poco il mio cellulare sarà più forte di qualsiasi europeo, e allora? Cosa faccio compro un po di telefoni per il Club? E poi cosa vuol dire forte? II Dan, VII Dan, Pro, Honinbo? Una volta che abbiamo questi benedetti giocatori forti che ce ne facciamo? E' meglio avere tre russe al club o tre VII Dan? Abbiamo forse un circuito di tornei con i quali potrebbero mantenersi? E delle persone disposte a pagare per farsi fare lezioni? Oppure è semplicemente un riempirsi la bocca, ancora una volta, con slogan e cose dette senza pensare?
In Europa come vivono i giocatori Pro, quei pochi che esistono? Ve lo dico io, come semi-barboni. Tentando di vincere miseri premi e andando nei vari tornei ospitati in casa, non perchè alla ricerca del contatto con amici e civiltà esotiche, ma per risparmiare soldi di un albergo che non possono permettersi.


E finiamo con il dessert. Ovvero se sia cosa giusta diffondere i giochi a livello “agonistico”, io ancora una volta credo di NO (e lo credo con un no maiuscolo). Mentre giocare è un attività bellissima, che serve alla socializzazione, che mantiene in allenamento il cervello, che nei bambini aiuta le facoltà logiche e la concentrazione ecc. Giocare a livello agonistico è invece una “ossessione” è un fuoco che tutto divora, è l'anticamera del disadattato, quando non parliamo di cose peggiori, e questo non solo per il Go ma per Scacchi, Dama e altri giochi. Vero che conosco pochi casi per fare statistica, ma senz'altro il Go ha fatto si che diverse persone abbandonassero gli studi, oppure il lavoro, e mi chiedo è questo che vogliamo promuovere? Meglio 1 Kyu ma con lavoro, stabilità e famiglia o V Dan senza lavoro, disadattato e con problemi nervosi?


In sintesi, più vita di Club, più convivialità e meno agonismo. D'altronde per me il Go è giocare davanti al goban con un amico e magari in giardino con un bel toscano (si sono a favore del fumo) e non due ipertesi ventenni chiusi per ore nelle catacombe di un grigio hotel orientale a pensare per ore a che mossa fare, quando se lo chiedessero (tra qualche anno) al loro orologio gli avrebbero la risposta in tempo reale.



* La “Legge del 4+4=8”, o “Terza legge dei giochi di Soletti”, verificata sui dati EGD degli ultimi 10 anni e per tutti i giocatori europei (al 80%+) postula che: Dopo i primi quattro anni dall'inizio dell'attività goistica-agonistica si potrà avanzare di soli ulteriori quattro livelli (Dan/Kyu). A prescindere da sforzi o altri affanni. Ovviamente fattori quali, età, impegno, accesso a “maestri”, capacità, rendono la legge “statistica” e non assoluta.

2 commenti:

  1. A questo punto mi viene da dire: ma che minchia ci stavi a fare il segretario della FIGG?
    Diffondere materiali e scrivere libri?
    Non serve, c'è già internet!
    Organizzare stage?
    Serve a niente, creiamo una generazione di ventenni frustrati, che abbandonano il lavoro e gli affetti(violini in sottofondo).
    Con una visione del genere la federazione diventa qualcosa di assolutamente inutile, tanto vale scioglierla.
    I tornei li organizzano i club, le occasioni "conviviali" pure, non vedo a che cosa possa servire una federazione italiana, se non a decidere a chi vanno i viaggi premio.
    Tu hai qualche risposta?

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